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La negritudine e la nascita dell’uomo nuovo

Nel corso del XX secolo, la cultura africana e l’uomo nero hanno cambiato il modo di vedere il mondo. Anche se per secoli dominati dalla cultura occidentale, essi sono riusciti a rinascere più forti e belli che mai. Hanno reso possibile quell’incontro con l’altro che ha portato movimenti artistici del 900 come il Modernismo e il Surrealismo e alla creazione di un uomo nuovo, attraverso punti di vista diversi da quelli razionali che avevano da sempre dominato la cultura occidentale, la quale stava per avviarsi alla fine. 

La nascita del movimento letterario e politico Negritudine viene vista come la nascita di un’epoca di salvezza, redenzione, emancipazione non solo dei neri ma dell’umanità nel suo insieme, attraverso la cultura, la poesia, l’arte.

Attraverso la coscienza nera della Negritudine, ossia attraverso la verità della loro subordinazione e la bellezza della cultura nera “Black is beautiful”, milioni di persone, a cui fu inculcato l’inferiorità e la prostrazione, alzarono il capo rendendosi conto di quanto la loro cultura fosse in realtà oggetto di orgoglio e non di vergogna.

Un po’ di storia per capire la Negritudine

Lo schiavismo

Lo schiavismo è esistito in quasi tutte le culture e civiltà del passato, incluse quelle africane. Già nel 1500 la popolazione dell’Africa veniva schiavizzata attraverso scambi occasionali e nel 1619 si sviluppa un vero e proprio traffico di essere umani, iniziato come deportazione di prigionieri catturati durante le guerre tra gli stessi popoli africani. Uno di questi traffici fu chiamato Tratta Atlantica e si svolse fino al XIX secolo.

La casa degli schiavi, museo – catene e attrazzi di tortura

Secondo i coloni, gli uomini africani erano fisicamente molto più forti e resistenti rispetto agli europei riuscendo a lavorare ore e ore sotto al sole e a far fronte alle diverse malattie portate dagli europei rispetto agli schiavi indigeni delle Americhe che ne morivano frequentemente. Così con l’aumento delle piantagioni in America aumentarono anche le deportazioni di schiavi africani.

Le navi, chiamate negriere, iniziavano il loro viaggio partendo dalla Gran Bretagna e dalla Francia dove venivano caricate di tutte le merci e le risorse e si salpava in direzione degli empori costruiti lungo le coste dell’africa occidentale, dove gli schiavi venivano comprati e caricati sulle navi. Questi uomini resi schiavi provenivano dall’entroterra e, prima di arrivare al porto, dovevano attraversare per giorni se non settimane il deserto, venivano poi imprigionati in strette e anguste celle per diverse settimane prima di salpare per terre lontane e sconosciute. Famosa è la casa degli schiavi dell’Isola di Goré.

La traversata atlantica costò la vita a molti uomini, donne e bambini: le condizioni igieniche erano scarsissime, le donne i bambini subivano atroci violenze da parte dei coloni, cibo e acqua erano ridotti al minimo. Parliamo della bellezza di 11 o 12 milioni di schiavi che hanno solcato l’Atlantico.

Il XIX secolo è caratterizzato dalla fine del commercio negriero, tuttavia il commercio è continuato in forma illegale per lungo tempo in alcuni paesi come l’Etiopia, che la proibì solo nel 1932. Inoltre dopo secoli di schiavitù anche alla fine dello schiavismo e ancora oggi, la popolazione nera continua ad essere malvista dalle popolazioni “bianche” creando molti disagi e persecuzioni.

L’Isola di Goré e la casa degli schiavi

L’isola di Gorée

L’isola di Gorèe si trova a circa 3 Km a largo dalle coste di Dakar, ed è stata, tra il XV e il XIX secolo, il più grande centro di commercio di schiavi della costa africana. Oggi è un vero e proprio museo storico, meta di tanti turisti. 

L’isola di Gorée era l’ultima tappa degli schiavi prima di lasciare l’Africa e affrontare il lungo viaggio per le Americhe. Su questa isola si trova la Maison des Esclaves, la casa degli schiavi dove uomini, donne e bambini venivano portati e imprigionati per mesi in anguste e buie celle. 

Isola di Gorée – La casa degli schiavi

Nel piano terra della casa c’è un lungo corridoio e su entrambi i lati ci sono le celle dove venivano rinchiusi gli schiavi, divisi per sesso e per forza fisica. C’era anche la stanza della pesa, dove venivano selezionati gli schiavi più in forza e tenuti per essere venduti, e scartati quelli deboli e malati. Una volta settimana si svolgeva l’eliminazione degli schiavi più deboli, i quali venivano gettati in mare, nelle acque infestate da squali, sotto gli occhi divertiti dei commercianti e delle signore delle case coloniali.

Al piano superiore della casa degli schiavi, a cui si accede attraverso un’elegante doppia scalinata, si trovano gli ampi appartamenti di colei che è stata la padrona della casa degli schiavi, la “signare” Anne Pépin (maîtresse del governatore de Boufflers) e le stanze in cui venivano ospitati i commercianti di schiavi. Lungo i due scaloni a ferro di cavallo posti all’ingresso della residenza, avveniva la vendita degli schiavi. Oggi l’intera casa è diventata un museo della memoria per non dimenticare i secoli in cui milioni di persone sono state private della libertà e ridotte in schiavi o morti per malattie, o annegati durante i lunghi viaggi per raggiugere le Americhe.

Al piano terra dove c’erano le stanze degli schiavi c’è un lungo corridoio che termina con una porta che dà sul mare, questo rappresenta l’ultimo passaggio degli schiavi che venivano imbarcati. Questa porta è stata nominata “la porta del non ritorno” perché una volta attraversata quegli uomini, quelle donne e quei bambini non sarebbero ma più tornati, e non avrebbero più rivisto la propria terra e la propria casa.

Prima di arrivare nella casa degli schiavi, proprio al centro dell’isola si trova una grande statua che è il simbolo della liberazione, della fine della schiavitù, con una targa che riporta questa frase “Colui che vi dice che l’Isola di Gorèe è un’isola, vi ha mentito. Questa isola non è un’isola è il continente dello spirito(Jean-Louis Roy scrittore e poeta Canadese).

La casa degli schiavi – la porta del non ritorno

È possibile visitare l’isola e la Maison des Esclaves con una guida senegalese che accompagna i turisti lungo il viaggio degli schiavi, passando dalle celle anguste dove gli schiavi rimenavano imprigionati per mesi e ripercorre il lungo corridoio fino alla porta del non ritorno che dà sul mare e da dove gli schiavi venivano o imbarcati sulle navi o buttati in mare se troppo deboli

L’Africa, dopo che la popolazione fu diminuita drasticamente per via dei traffici di schiavi, fu oggetto di colonizzazione da parte del mondo europeo. Essa, appariva agli occhi degli europei come un continente vuoto, in quanto non era formata da Stati intesi come quelli europei, ma erano presenti entità pre-statali e popolazioni tribali seminomadi. Inoltre delle loro materie prime e risorse non si sapeva ancora nulla, in quanto l’entroterra era quasi del tutto sconosciuto.

La colonizzazione

Fino al 1880, l’Africa era considerata solo luogo di transito come punto di accesso all’Asia, dal 1884 fino agli inizi del ‘900, però, inizia una vera e propria corsa verso l’Africa. Una serie di avventurieri che rappresentavano varie nazioni europee cercarono di accaparrarsi l’Africa.  All’inizio dell’800 solo il 10%del territorio africano era occupato dei regni europei, ma nel 1914 era occupato per il 90%.  Questo fenomeno avvenne per cause economiche, ideologiche e geopolitiche:

  • Pian piano si scoprirono le varie ricchezze dell’Africa, come l’oro o il Kaytchu;
  • Era diffusa l’idea che l’uomo bianco portava con sé civilizzazione in queste zone, ma che in realtà non erano affatto considerati civili;
  • La Francia, che aveva cominciato a espandersi verso il nord Africa diede il via all’espansione anche alle altre potenze che non volevano essere da meno, e cominciarono a rivolgere la propria attenzione al territorio africano.
Scrumble for Africa

Nel 1885 il cancelliere tedesco Bismark sancì il diritto all’occupazione sulla base di chi arrivava prima: si basava sul fatto che chi si stabiliva per prima in una zona, questa diventava automaticamente di sua proprietà. Da qui partì una vera e propria corsa all’occupazione.

Il problema principale fu che nessun europeo voleva andare a vivere in Africa, non si investiva in infrastrutture ma si cercava di guadagnare il più possibile attraverso la manodopera locale. Infatti venivano acquistate materie prime a prezzi bassissimi per essere rivendute nello stesso mercato al doppio del prezzo. L’Africa divenne una vera e propria colonia di sfruttamento, dove il tutto fu incentivato anche dalla seconda rivoluzione industriale con la nascita del battello a vapore.

La situazione in Africa nel 1914 è rappresentata dalla parola SCRUMBLE (strapazzato) , ossia Scrumble for Africa, per definire l’Africa come un continente strapazzato ma anche come corsa affannosa.

L’effetto boomerang della colonizzazione

Ci furono diverse rivolte per sottrarsi all’occupazione europee. Un esempio furono gli Herero (guerriero) che si rivoltarono contro gli occupanti tedeschi. Si concluse con un genocidio da parte di quest’ultimi. Nel 1905 pero venne deciso che gli Herero non potevano essere più sterminati, cosi iniziarono ad essere portati in campi di lavoro tatuandoli con la scritta HR. Qui notiamo come nacquero già i campi di concentramento ripresi poi dai tedeschi per gli ebrei.

Ritroviamo un’Africa divisa in una serie di stati a tavolino tra Francia, Germania, Italia, Inghilterra

I colonizzatori usavano la loro cultura, ritenuta superiore rispetto alla cultura nera, come strumento di oppressione quando si doveva occupare (vedi ance l’articolo La danza nel mondo). Quest’ultima veniva resa inferiore e gli africani erano considerati selvaggi e non civilizzati, dove secondo gli europei, “le risorse in mano agli incapaci sarebbero andate perse”

La conquista fondata sul disprezzo dell’uomo indigeno modifica anche colui che la intraprende: il colonizzatore si abitua a vedere nell’altro la bestia, si allena a trattarlo come bestia e tende obbiettivamente a trasformarsi lui stesso in bestia: effetto boomerang della colonizzazione.

La negritudine e la bellezza dell’essero nero

poesia Aimé Césaire

La negritudine è un movimento letterario, culturale e politico che si sviluppa nel XX secolo che coinvolge scrittori africani e afroamericani. Gli esponenti di questo movimento si proponevano l’obiettivo di eliminare dai propri popoli quel complesso di inferiorità, imposto per secoli dai colonizzatori, attraverso l’orgogliosa rivendicazione delle loro qualità peculiari, ossia la “bellezza dell’essere nero”. Tutto ciò forgiando una rinascita della cultura attraverso poesie, racconti, arte.

Due giovani studenti, Aimé Césaire (Martinica) e Léopold Sédar Senghor (Senegal) , durante i loro studi a Parigi, nel 1934 fondano la rivista “l’Etudiant noir”  e avviano un nuovo movimento letterario conosciuto come Negritudine. Fu all’interno di uno dei numeri pubblicati dalla rivista che Césaire stesso propone per la prima volta il neologismo négritude, riferendosi alla riscoperta e al recupero di pratiche, credenze e valori autenticamente neri come resistenza alla cultura del “padrone bianco” da parte dei neri di discendenza africana di tutto il mondo.

Molti studiosi hanno notato che la négritude rappresenta l’esito di un vissuto singolare, sintomo di una doppia coscienza dei due intellettuali, divisa tra Parigi e le colonie d’origine. È l’espressione di una soggettività lacerata dalla scelta tra l’assimilazione della lingua e della cultura del colonizzatore e un loro totale rifiuto a favore di quell’identità africana repressa, rimossa e ridicolizzata dal padrone coloniale.

Nel 1945 Lèopold Sèdar Senghor arricchì l’idea di negritudine attraverso le poesie “Canti d’ombra” opponendo la “ragione ellenica” all’emozione nera.

La nascita di questo concetto apparve nella rivista Présence Africaine nel 1947 contemporaneamente sia a Dakar che a Parigi. Essa ebbe un tale effetto che riunì le persone di colore d’ogni nazione e anche alcuni intellettuali francesi, tra cui Sartre che definì la negritudine come la “negazione della negazione dell’uomo nero”.

La Negritudine come “Orfeo alla ricerca di Euridice”

Nel 1948 venne pubblicata a cura di Senghor l’antologia della nuova poesia nera e malgascia di lingua francese, dove la negritudine è paragonata a “Orfeo alla ricerca di Euridice” ovvero il nero alla ricerca di sé stesso, nello sforzo di risalire alle proprie radici, attraverso la propria storia, i propri difetti e le proprie trasformazioni.  Attraverso questa ricerca si vuole portare a una rivalutazione dell’uomo nero, come l’unico in grado ad avere una tale forza da sopportare il dominio di altre culture ed riuscire a sopravviverne.

La négritude divenne l’insieme dei valori culturali dell’Africa nera e secondo Cèsaire questa parola designa in primo luogo il rifiuto:

  • Rifiuto dell’assimilazione culturale
  • Rifiuto di una certa immagine del nero pacifico, incapace di costruire una civiltà.

Il ruolo di Parigi nel movimento della Negritudine

All’inizio del XX secolo la città di Parigi era non solo uno dei centri più vivaci del pensiero anticoloniale e uno dei “fochi” più importanti della Negritudine ma lo era anche delle principali avanguardie moderniste di inizio 900, come il Surrealismo e l’Harlem Reinassance.

Poesia di Léopold Sédar Senghor – Donna nuda, donna nera

La rivista l’Etudiant Noir sollecitava apertamente la rivalutazione delle radici africane della cultura nera transnazionale.

 Secondo Cèsaire ci sono due passaggi storici fondamentali legati alla negritudine:

  • la prima è la rivoluzione haitiana anti-schiavista nel 1799 ( prima insurrezione storica della negritudine, ossia il primo tentativo da parte dei neri di ri-appropriarsi della loro dignità e umanità);
  • la seconda nel 1925 con la lotta al riconoscimento della cosiddetta “negro culture” incoraggiata dagli artisti e dagli intellettuali dell’Harlem Renaissance – prima volta in cui “black is beatiful” è stato pronunciato orgogliosamente davanti al mondo, promuovendo un atteggiamento che avrebbe dato inizio a una profonda rivoluzione culturale, un rovesciamento importante dei valori razzisti diffusi dalla schiavitù al colonialismo.

L’influenza della Negritudine sugli altri movimenti letterari del XX secolo

La negritudine inoltre operò come traduzione delle concezioni artistiche, politiche e culturali diffuse da altri due movimenti attivi nel XX secolo: Modernismo e Surrealismo. Entrambi i movimenti possono essere considerati una conseguenza di una crisi della rappresentazione nei principali paesi occidentali originata dall’irruzione dell’Altro-coloniale all’interno dello stesso spazio sociale e narrativo europeo.

Modernismo e Surrealismo appaiono impensabili senza il fenomeno del “primitivismo” ovvero quel profondo incontro\scontro culturale con l’Africa, con le sue particolari forme di vita e tradizioni artistiche. Basti pensare a uno dei capolavori dell’arte modernista e surrealista “Les demoiselles d’Avignon” di Picasso o alla fondazione a Parigi nel 1937 del Musée de l’Homme.

Per buona parte dei modernisti e surrealisti, infatti, l’esplorazione di pratiche culturali ed estetiche africane stava a significare la ricerca di una soggettività diversa da quella razionale e moderna che posava sull’occidente, sperimentando nuove forme di vita e di conoscenza che fossero in grado di rivitalizzare una cultura occidentale ritenuta ormai decadente e avviata al tramonto, sempre più stretta nella morsa del capitalismo industriale e dalle macchine.

Per molti modernisti e surrealisti europei, il confronto con l’Africa stava a significare la necessità di una rinascita culturale, il bisogno di sperimentare nuovi modi di stare nel mondo, dove solo il rapportarsi con gli altri e con la natura avrebbe portato a quel processo rivoluzionario che avrebbe riumanizzato macchine e tecnologie. Soltanto la nascita di un uomo nuovo avrebbe potuto salvare una civiltà che stava inesorabilmente posando su di sé il drappo delle tenebre mortali.

Si può desumere con chiarezza, quindi, che la negritudine è da considerare un sinonimo di salvezza, redenzione, emancipazione non solo dei neri ma dell’umanità nel suo insieme.

La Negritudine non è da considerare un semplice movimento letterario, ma si tratta di una vera e propria rivoluzione!

Per riaffermare il ruolo strutturante (superiore o inferiore) delle rappresentazioni culturali e dell’ideologia nel sistema di dominio culturale doveva essere messo in risalto il fatto che il colonialismo costituiva un sistema globale di sfruttamento.

Una costruzione della società inedita nella storia dell’umanità, organizzata a partire da una logica completamente diversa da quella capitalistica o di mercato. Proletariato in quanto è l’unica classe che vive in uno stato permanente di morte sociale, dove non può emanciparsi se non sopprimendo la stessa società classista (colonialista e razzista) di cui è prodotto. Essi non hanno alcuna identità da rivendicare, non lottano sotto nessuna bandiera, vogliono solo auto-sopprimersi e per farlo bisogna porre fine alla società che lo ha creato.

Poesi di Guy Tirolien – Preghiera diun piccolo bambino negro

Proprio questa combinazione singolare di negritudine, surrealismo e modernismo dell’epoca dà vita a una premessa politica: non vi può essere reale liberazione economica e politica ( di tutta l’umanità) senza una profonda rivoluzione culturale.

Gli esponenti della negritudine non si ritengono nemici dell’Europa, ma rimpiangono solo che essa si sia propagata nel momento in cui è caduta nelle mani di finanzieri e di capitani d’industria privi di scrupoli, e che fosse proprio questa Europa ad incontrare l’Africa e dover rendere conto davanti alla comunità umana del più alto numero di cadaveri della storia.

La similitudine tra il colonialismo e il nazismo attraverso la Negritudine

Abbiamo già visto di come i primi campi di concentramento li ritroviamo in Africa con gli Herero. Secondo Césaire vi è un circolo vizioso: colonialismo- nazismo- colonialismo. Hitler rappresenta uno dei più autentici prodotti culturali dell’esperienza coloniale europea, ovvero l’applicazione di politiche coloniali però sui bianchi. Questo circolo è vergognoso in quanto gli stessi nemici e vittime di Hitler hanno continuato dopo la sua sconfitta il suo lavoro ma nelle loro colonie. L’Europa ha continuato a praticare le stesse sofferenze che ha sofferto durante la seconda guerra mondiale sulle colonie, come se non avesse imparato nulla dalla propria sofferenza.

Il movimento negritudine cerca di rivelare al borgese distinto ch’egli porta dentro di sé un piccolo Hitler nascosto, rimosso, che ciò che non hanno perdonato a Hitler non è il crimine in sé, ma il crimine contro l’uomo bianco, il fatto di aver applicato in Europa quei trattamenti tipicamente coloniali. Come se gli atti compiuti del proprio stato contro i coloni siano meno gravi in quanto sono considerati “esseri inferiori”.

Invocare l’auto-distruzione del nero (la sua eredità o identità) o la sua subordinazione alla lotta di classe non può che costituire un atto di altrettanta violenza.  Ma nel mettere in risalto la subordinazione delle civiltà non europee e nello stesso momento esaltare la cultura nera attraverso la negritudine ha configurato un momento decisivo per la soggettivazione di milioni di persone a cui sono stati inculcati il complesso di inferiorità, la prostrazione, la disperazione e il servilismo.

Tutto ciò significa che la salvezza dell’Europa, secondo Cèsaire, non consiste in una semplice rivoluzione nei metodi, ma in una vera e propria rivoluzione che vedrà l’angusta dittatura di una borghesia disumanizzata sostituita, in attesa di una società senza classi, dal proletariato, ossia l’unica classe che soffre sulla propria pelle di tutti i mali universali.

La lotta anticoloniale e di liberazione nazionale avviata dal movimento non deve quindi configurarsi come un tentativo di restaurare una situazione pre-coloniale, ma la decolonizzazione dovrà rimettere in moto la storia ripristinando la singolarità, pluralità e trasversalità in quanto condizioni essenziali dell’esistenza producendo un uomo nuovo. Forgiando un uomo comune globale liberando l’intera umanità dai ceppi in cui è stata imprigionata con il capitalismo e il colonialismo.

1987, MIAMI: DISCORSO SULLA NEGRITUDINE

Nel 1987 Aimé Césaire, durante la prima conferenza dei popoli neri della diaspora avvenuta a Miami pronunciò un appassionato discorso sulla negritudine.

Affermò che esso non fa riferimento a una categoria di ordine biologico, ma a una somma di sofferenze che hanno definito e caratterizzato il destino di una forma di vita umano. Non è il colore della pelle a unirli, ma il fatto che sono state vittime delle peggiori violenze conosciute dalla storia. La Negritudine è un modo di vivere la storia nella storia. Césaire crede nel valore di tutto ciò che è custodito nel profondo della memoria collettiva dei popoli e anche dentro all’inconscio collettivo. Il contributo di milioni di Africani portati in America non è stato solo quello di “forza animale” ma di una nuova civiltà dai valori “importanti”.

Chi è Leopold Sedar Senghor?

Come già abbiamo visto Leopold Sedar Senghor è uno dei fondatori della rivista l’Etudiant Noir che diede vita al movimento Negritude. Ma chi è Leopold Sedar Senghor?

Léopold Sédar Senghor nacque in una capanna vicino all’oceano nella città di Joal, 10 kilometri a sud da Dakar in Senegal, il 15 agosto 1906, il 9 ottobre secondo l’anagrafe comunale. Il nome è Sédar “colui che non conosce la vergogna” o meglio “che non verrà mai umiliato”. Senghor è il più importante intellettuale africano del XX secolo: poeta, politico e teorico culturale senegalese.

Poesia di Leopold Sédar Senghold

Nel 1922 inizia un seminario sacerdotale a Dakar, ma che ben presto lo abbandona per gli studi letterari francesi in un’istituzione secondaria. Ottiene il diploma di maturità e una borsa di studio per continuare i suoi studi in Francia. 1928 parte per Parigi dove si laurea all’Università di Sorbona. Nel 1933 Senghor diventa cittadino francese diventando, due anni dopo, il primo professore di pelle nera ad insegnare in francese presso l’università di Tours a Parigi.

In Francia conobbe intellettuali come Aime Cesaire (martinica) e Lèon Damas (Guyana francese), dove condividevano quella vita divisa tra le proprie origini e la cultura occidentale francese. Questi, motivati dalle loro insoddisfazioni, disgusto e conflitto personale per lo Stato dell’esperienza afro-francese in Francia fondarono nel 1934 la rivista “l’Etudiant noir”, dando vita a “NEGRITUDE” un movimento culturale e letterario che mirava a coltivare la “coscienza nera”. Questa idea di Negritude formò la sua critica culturale e le sue opere letterarie, oltre a diventarne un principio guida per la sua politica.

Nel 1939 fu arruolato all’esercito francese e nel 1940, durante l’invasione tedesca in Francia, venne catturato e trattenuto per due anni in un campo di concentramento nazista. Qui scrisse la maggior parte delle sue poesie tra cui Chants d’ombre, Canti d’Ombra, che verrà pubblicato nel 1945, dove suscitò unanime approvazione. Uscito dal campo di prigionia riprese la sua carriera da insegnante pur rimanendo coinvolto nella resistenza durante l’occupazione nazista, fino alla liberazione degli alleati nel 1944.

Terminata la guerra, torna in Senegal e nel 1956 divenne sindaco della città di  Thies. Senghor inizia la sua carriera politica che lo vede diventare nel 1960 il primo presidente della Repubblica Senegalese fino al 1980, dando un esempio di libertà, tolleranza ed intelligenza, aprendo la via alla democrazia.

Scrisse, inoltre, l’inno nazionale senegalese e nel 1964 pubblico il primo volume di una serie di 5 intitolato “Libertè”, contenente vari discorsi, saggi e prefazioni.

Sotto la presidenza di Senghor, il Senegal ha adottato un sistema multipartitico limitato a tre: socialista, comunista e liberale.

Nel 1980 diede le sue dimissioni come presidente e nel 1983 venne eletto membro dell’accademia francese, primo africano e sedere all’accademia.

Nel corso della sua vita ha ricevuto numerosi riconoscimenti e venne nominato dottore onorario in 37 università. Muore il 20 dicembre del 2001 a Verson, vicino la città di Caen in Normandia.

Poesie di Negritudine

La poesia è piuttosto strana. Nessuno sa con esattezza da quali sorgenti essa scaturisce, eppure sgorga. Spesso la parola stessa è generata da una mancanza, dall’abisso tra il proprio mondo intimo e una realtà concreta, brutale.

Ad esempio, la condanna all’esilio è ciò che ha ispirato  artisti come Omero, Dante, Foscolo e molti altri, tanto che nel XX secolo possiamo distinguere un’intera corrente poetica segnata da questa condizione: la poesia della Negritudine, una poesia d’esilio.

Poesia Guy Tirolien – Preghiera di un piccolo bambino negro

Dopo il periodo della colonizzazione, dalla metà del 900 si concede l’indipendenza a molti Paesi dell’Africa anche grazie ai compromessi politici della guerra fredda, soprannominato in seguito come “terzo mondo”.

È durante questo complesso processo di decolonizzazione che gli intellettuali gridano con orgoglio che l’uomo bianco non ha civilizzato, ma ha conquistato e poi dominato, fino a imporre i propri modelli culturali a una cultura già esistente, una ricca cultura umiliata e via via depredata.

Nella pagine della rivista “L’étudiant noir” troviamo una delle prime poesie di negritudine di Leopold Sedar Senghor, intitolato “Il Ritratto”:


“Lui ancora non conosce

L’ostinazione del mio rancore acuita dall’inverno

Né la necessità della mia Negritudine tiranna” […].

Leopold Sedar Senghir – Il ritratto

Ecco, la Negritudine è questa fierezza delle popolazioni nere, che riconoscono il valore della loro civiltà, della loro storia e delle loro tradizioni o ancora nelle parole di Aimé Césaire:

“La Negritudine è la semplice consapevolezza del fatto d’essere nero e l’accettazione di questo fatto, del nostro destino di Nero, della nostra storia e della nostra cultura”.

Molti intellettuali francesi del tempo riconoscono in questa poesia nera di lingua francese la sola grande poesia rivoluzionaria del proprio tempo.

A cosa mira questa Rivoluzione della Negritudine? Solo pura nudità, ritrovare quell’autenticità intima che si è contaminata col tempo? si tratta dunque di spegnersi nella cultura bianca per rinascere all’anima nera?

Molti sono i suoi cantori e i più ripetuti sono appunto Senghor, che diventerà il primo nero all’Académie Française e primo presidente del Senegal indipendente, Léon Gontran Damas dalla Guyana francese o di Aimé Césaire: il “Grande Poeta Nero”, descritto così da André Breton nel 1943.

Negritudine – Poesia Guy Tirolien – preghiera di un piccolo bambino negro

Questa poetica identitaria di liberazione è stata portata alla luce tramite una parola francese, un vocabolo creato seguendo le regole più comuni della grammatica di questa lingua colonizzatrice. Il movimento della Negritudine rappresenta così una lotta culturale per l’emancipazione, ma che germina attraverso il mondo bianco: è solo il conflitto con l’altro che genera il concetto dell’io, del noi. Se dunque l’esilio dalla propria casa è la madre di questa poesia, la durezza di una nuova terra inesplorata ne è il padre.

La riappropriazione del passato e del proprio orgoglio avviene solo attraverso il riconoscimento del presente, la consapevolezza di questa nuova identità, poiché non è più possibile essere solamente figli devoti della tradizione e neppure essere totalmente assimilati a un nuovo mondo straniero. Senza più una dimora, si ha unicamente una casa possibile: la Negritudine.

Questi versi di vita siano canti anche per il nostro esilio

Ci saranno poesie d’amore, poesie di rivoluzione, ma anche versi quotidiani, in cui traspaiono tanto gli aspetti della tradizione indigena, come totem, animali protettori, elementi naturali, quanto tutti quegli elementi che rivelano una forte influenza della cultura occidentale, in particolar modo francese e surrealista.

Conclusioni

La prima negritudine che ha avuto un eco mondiale è stata quella americana (da Martin Luther King alla società attuale). Ogni mutamento significativo è sempre anticipato da un agire riguardante la cultura.

Bisogna rifiutarsi di dimenticare il passato. Tutto questo è sempre più attuale e necessario alla nostra igiene mentale:

  • 2005: Gordon Brown afferma che l’Africa non ha conosciuto epoca più fiorente di quella dell’amministrazione britannica.
  • la Francia resta molto presente nelle sue ex colonie tramite basi militari e operazioni militari a favore di capi di Stato contribuendo al loro insediamento al potere
  • Una corrente revisionista inizia a citare i benefici apportati dalla colonizzazione, a tal punto che nel 2005 l’Assemblea nazionale e il senato francesi hanno approvato una legge che costringe le istituzioni e l’opinione pubblica a riconoscere il ruolo positivo della colonizzazione (ricerca universitaria, programmi scolastici).

Ieri come oggi le società sotto dominazione straniera vengono controllate dall’alto, lasciando i paesi africani in grande difficoltà. Chiusi nei loro palazzi, i presidenti di questi paesi non rendono conto delle proprie scelte al popolo, bensì a delle forze esterne, ed hanno tutto l’interesse di agire in questo modo poiché si tratta della condizione della loro sopravvivenza politica, se non fisica. Sono i presunti civilizzatori i primi a disumanizzarsi.

Si parla di colonizzazione come beneficio, come un atto di civilizzazione, ma ciò che questi poeti e intellettuali, attraverso la coscienza nera, hanno portato alla luce è il fatto che il loro popolo ha una storia. Il loro popolo è capace di civilizzarsi. Il loro popolo ha una cultura. E ciò che hanno esposto è il fatto che piuttosto che civilizzare, i colonizzatori hanno sfruttato la loro terra, ricordando all’uomo bianco i milioni di morti che gravano sulle loro spalle e facendo notare che un crimine commesso contro l’uomo bianco durante il nazismo è stato più grave di un genocidio commesso contro l’uomo nero all’epoca delle colonizzazioni.

Targa della visita di Papa Giovanni Paolo II alla Casa degli Schiavi nell’Isola di Gorée

La negritudine è dunque, alla base, la presa di coscienza della differenza come memoria, fedeltà e solidarietà. Si può trovare alla base delle rivolte in quanto tentativo di restituzione di sé stessi. Di riappropriarsi del loro passato, della loro bellezza nera.

Il passato deve essere ricordato e la storia dell’Africa è questa. Un popolo reso merce e disumanizzato dal capitalismo dell’uomo bianco e dall’avidità giustificandolo come una cultura inferiore e incapace di civilizzarsi. L’Africa si è riscattata attraverso la sua verità. La verità che non esiste cultura inferiore o superiore. La verità che l’Africa ha sofferto e per questo ad oggi è il fiore più bello, che ha resistito anche nelle avversità.


Autrice: Greta Pigliacampo, tirocinante presso la nostra Associazione, studentessa di Antropologia all’Università di Bologna

FONTI


LETTURE CONSIGLIATE

  • Poesie dell’Africa” di Senghor
  • Libertà 1. Negritudine e Umanesimo” di Senghor;
  • L’isola sotto il mare” di Isabel Allende;
  • Amatissima” di Toni Morrison;
  • Radici” di Alex Haley;
  • La costa degli schiavi” di Thorkild Hansen;
  • Il buio oltre la siepe” di Harper Lee.

FILM CONSIGLIATI

  • The Help” di Tate Taylor;
  • 12 anni schiavo” di Steve McQueen;
  • Django Unchained” di Quentin Tarantino;
  • Il diritto di opporsi. Una storia di giustizia e redenzione” di Bryan Stevenson;
  • Selma: la strada per la libertà” di Ava DuVernay;
  • Invictus- L’invincibile” di Clint Eastwood.

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